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Intervento Borgo sull’incontro con i ministri Gnudi e Moavero

La mia Organizzazione, assieme alle altre tre che hanno sottoscritto il documento unitario e la nota accompagnatoria, ne conferma in pieno il loro contenuto che termina, lo ricordo, con la richiesta al Governo di condividere la necessità di escludere dall’evidenza pubblica le imprese turistico ricreative, di fare richiesta di deroga alla Unione europea e di adottare ogni ulteriore provvedimento idoneo ad evitare la distruzione di un settore economico importante com’è quello del turismo balneare.

Non starò ovviamente qui a ripetere le molte ragioni giuridiche, economiche e sociali che sono alla base del nostro documento unitario e che diffusamente in esso sono trattate. Credo però che alcune osservazioni, e sottolineature siano ancora necessarie.

Oggi il problema centrale per i balneari italiani, e ne fa fede la forte tensione, la paura, lo sgomento con le quali viviamo quotidianamente questa amara vicenda e, nel contempo, la determinazione con la quale siamo pronti a difendere il futuro delle imprese e delle nostre famiglie, è quello che riguarda le aziende che operano a seguito di concessione amministrativa che riconosce, meglio riconosceva, al titolare il diritto al suo rinnovo secondo le norme oggi abrogate.

D’altronde questo non è solo un nostro gravissimo problema: basta vedere le posizioni e i documenti delle Regioni, le preoccupazioni dei Comuni di tutte le riviere italiane che spesso si concretizzano in documenti approvati all’unanimità dai consigli regionali e comunali e la partecipazione, con tanto di sciarpa tricolore, dei sindaci alle nostre manifestazioni per comprendere quanto esso non riguardi solo le imprese del comparto ma, più in generale, gli interessi diffusi al mantenimento di una offerta turistica che caratterizza le nostre coste e che ha fatto di molte città e regioni delle assolute eccellenze a livello europeo e mondiale.

La soluzione, a nostro avviso, non può non tener conto di due principi tanto elementari quanto fondamentali.

In primo luogo la tutela della certezza del diritto e della buona fede di chi ha confidato in un assetto normativo e amministrativo previgente; il cd legittimo affidamento che rischia di essere gravemente leso e offeso se non viene trovato il corretto e giusto rimedio.

Lo Stato che, per decenni ha garantito, con le norme e con la prassi amministrativa, costante e uniforme, la continuità delle imprese – degli investimenti non solo di capitali, ma soprattutto del lavoro che ha comportato una vera e propria scelta di vita per decine di migliaia di persone – non può venir meno al suo impegno così solennemente assunto senza un adeguato e giusto rimedio.

Ma oltre a tale principio, l’abrogazione del rinnovo automatico rischia di recare pregiudizio anche al diritto alla proprietà della propria azienda costituzionalmente e comunitariamente tutelato.

Infatti, come anche recentemente riconosciuto dall’autorevole giurisprudenza del Consiglio di Stato, la concessione demaniale costituisce un presupposto indissolubilmente connesso all’azienda di modo che il trasferimento di questa comporta anche il trasferimento di quella.

Con la conseguenza che la messa all’asta delle concessioni in essere, individuate e valorizzate non dalla Pubblica amministrazione ma dai titolari delle concessioni comporta necessariamente il trasferimento dell’azienda ivi creata con conseguente suo esproprio sostanziale. E’ questa una evidente ingiustizia che induce i balneari italiani ad essere così determinati nella richiesta al Governo, al Parlamento e alle Istituzione comunitarie, di sottrarre le loro aziende dalla pubblica evidenza.

Su questi elementi sostanziali poggia sia l’ordine del giorno approvato all’unanimità dal Senato lo scorso 5 maggio, peraltro accolto dall’allora Governo Berlusconi, sia la Risoluzione del 27 settembre scorso del Parlamento europeo nel chiedere, l’uno al Governo italiano, e l’altro alla Commissione Europea, di farsi carico di trovare una soluzione a salvaguardia di un sistema di piccole e medie imprese del tutto peculiare nel contesto del turismo italiano.

E’ con questi obiettivi che noi diamo la nostra piena disponibilità a collaborare alla ricerca di soluzioni che puntino a questo traguardo pronti anche ai necessari sacrifici purchè compatibili e sostenibili dalle nostre imprese. Anzi, auspichiamo che ci sia data l’opportunità di un confronto, anche serrato, per approfondire proposte, sviluppare ipotesi, individuare percorsi che sappiano coniugare la norma europea con le esigenze delle imprese, del turismo italiano e, auspichiamo, con la volontà del Governo. Quali gli strumenti da utilizzare? L’art. 11 della legge 217/2011 dispone che il Governo adotti un decreto legislativo, previa intesa con le Regioni, avente per oggetto il riordino e la revisione della legislazione relativa alle concessioni demaniali. Noi riteniamo che i principi e i criteri direttivi di tale delega debbano essere necessariamente rivisti e meglio chiariti. Ciò non di meno questo potrebbe essere un valido strumento se, assieme al Governo e alle Regioni, le imprese saranno chiamate a collaborare per trovare soluzioni condivise. E’ peraltro evidente che a noi lo strumento poco interessa: interessa invece la volontà di dare forma giuridica alla convinzione che salvare queste imprese balneari significhi anche salvaguardare un fattore di competitività del nostro Paese, per i servizi di alta qualità che ci permettono di affrontare, con successo, le odierne sfide che il mercato sta imponendo.

Prioritario è però conoscere la risposta che il Governo darà , non solo alle istanze contenute nel documento unitario, ma anche a quelle così autorevolmente espresse dal Senato della Repubblica e dal Parlamento europeo

In queste ultime settimane abbiamo seguito l’evolversi di proposte e provvedimenti che hanno riguardato molte categorie: i taxisti, i notai, le farmacie ed altre ancora. Si è parlato di ampliamento di mercato, di liberalizzazioni, di posti di lavoro, di futuro. E, ci pare di capire e lo auspichiamo, si potrà giungere a soluzioni condivise. Bene. In tutte queste vicende mai abbiamo sentito parlare di imprese a scadenza, di evidenza pubblica per le imprese esistenti, di messa in discussione del diritto di continuare ad operare e via dicendo. In sostanza del pericolo di cancellare migliaia e miglia di imprese. Per noi proprio di questo si tratta. Per noi ancor di più e necessario giungere a soluzioni condivise.

Sono certo che il Governo del mio paese non vorrà mettere in atto i presupposti per staccare, di qui a poco, 30.000 ingiunzioni di esproprio e 100.000 lettere di licenziamento e cancellare così intere generazioni di balneari e con esse, la tradizione e la cultura del turismo balneare italiano.

Un ultima richiesta. Nella lettera con la quale abbiamo accompagnato la presentazione del nostro documento vi abbiamo segnalato la necessità di un provvedimento che sospenda le procedure amministrative in corso per l’incasso forzoso, e la revoca della concessione per quelle poche centinaia di imprese non in grado di pagare canoni insostenibili, e delle procedure avviate per effettuare incameramenti proprio nel momento in cui tutti concordano sulla necessità di una riscrittura di una norma che sia al passo con i tempi, che spazzi via le incertezze, evitando così effetti irreparabili sulle imprese e un contenzioso che sta già prendendo forma laddove le Agenzie del Demanio hanno accelerato sugli incameramenti.

Credo che tutti noi accoglieremmo un tale provvedimento come un segnale di attenzione che sarebbe anche di buon auspicio e una conferma che le Istituzioni non sono controparte ma al nostro fianco per evitare una eventualità ingiusta e devastante per le imprese e dannosa per il Paese.